“La Camera approva la norma che elimina il parity rate. Francia e Italia insieme per tutelare concorrenza e albergatori dai colossi del web.” Così esordisce il 6 ottobre 2015 il Ministro del Turismo Franceschini su Facebook.
Il DDL della Concorrenza, con un emendamento ad hoc , una volta superata l’approvazione anche al Senato, abolirà il divieto, per gli albergatori, di applicare tariffe più vantaggiose sul proprio sito a discapito delle OTA.
A questo proposito, Andrea D’amico, Country Manager di Booking.com per l’Italia, giustifica l’esistenza della parity rate come presupposto per l’investimento sulla visibilità da parte delle OTA, da cui oggi proviene gran parte della clientela soprattutto per le piccole strutture che caratterizzano il mercato italiano. Giustifica inoltre le commissioni, inferiori a quelle richieste dagli altri intermediari, con servizi che le agenzie tradizionali o i tout operator non forniscono: redazione e traduzione dei contenuti, visibilità 24 su 24, etc.
Per poter pensare a quali sono i possibili scenari derivanti dall’abolizione della parity rate, provate a considerare messaggi che sono sicuramente familiari agli albergatori, come quello qui riportato:
Si tratta del messaggio di avviso da parte di una delle OTA più influenti, in cui una struttura ricettiva, che ha “violato” la parity viene messa in guardia su un calo di ranking. Il tutto deriva da una tariffa o disponibilità meno conveniente di quelle dichiarate su altri portali. Il messaggio non fa riferimento a violazioni o simili: si parla di come migliorare il proprio posizionamento e ranking, di consigli e best practice.
L’abolizione della Parity Rate apre le porte a un nuovo scenario per niente definito, in cui chi non saprà applicare un buon Revenue Management verrà tagliato fuori dal mercato.
Forse è il caso di fare un check della propria distribuzione on-line, del corretto funzionamento del proprio sito e rimodulare la comunicazione e le azioni di marketing in funzione di questi elementi.