Uno studio del 2017 condotto da Oxford Economics ci svela che le Online Travel Agency (OTA) detengono un terzo del mercato del turismo incoming del nostro Paese, con il 35% delle transazioni locali e il 28% delle notti vendute.
In numeri assoluti stiamo parlando di tredici milioni di notti, per un ammontare di 2,3 miliardi di euro.
Numeri non da poco per colossi come Booking.com e Expedia, che detengono un grande vantaggio in un mercato sempre più competitivo: budget miliardari da investire in azioni di marketing e tecnologie avanzate. Basti pensare a quanto rilevato nel 2011 da World Stream su chi spende di più in campagne di Google AdWords nel settore turistico: Booking.com 40.4 milioni di dollari (di cui il 70% su nomi di hotel), seguita da Expedia, con 28.9 milioni di dollari e da Kayak con 28.7 milioni di dollari.
Con il 14% di quota mercato, Booking.com si conferma al primo posto in Italia, con un evidente valore aggiunto per il viaggiatore che prenota: una riduzione di almeno il 10% dell’Average Daily Rate – ADR, ovvero la tariffa media giornaliera.
La grandissima maggioranza delle strutture ricettive italiane presenta quindi ancora un enorme potenziale non espresso per quel che riguarda il fatturato diretto, della quota di prenotazioni cioè non intermediate, soprattutto per quel che riguarda l’online.
Tra le motivazioni principali, che portano l’utente a favorire una OTA in fase di prenotazione possono esserci:
1- Notorietà del brand: quando si cerca un hotel in una determinata destinazione, i risultati a pagamento sono praticamente monopolizzati dalle OTA;
2- Un sito rinomato e un sistema di prenotazione user-friendly, come quelli delle OTA, risultano più affidabili e intuitivi, quindi più efficaci in termini di conversioni; gli stessi portali inoltre favoriscono la fidelizzazione attraverso sconti e benefit riservati ai repeaters;
3- Sul sito dell’hotel non è possibile prenotare direttamente, poiché non vi è un booking engine attivo o performante;
4- Sui portali gli utenti trovano condizioni più favorevoli (in termini di politica di cancellazione, tariffe, gift, servizi inclusi).
Il potenziale del diretto ha dunque speranze di realizzarsi soltanto a fronte di investimenti sul brand e di azioni strategiche di marketing e pricing. Se ad esempio parte dell’equivalente pagato in commissioni fosse oculatamente speso in campagne Adwords che spingano gli utenti su sito proprietario, o sull’acquisto di un BOL efficace o infine, su un restyling totale del sito web? Questo solo per rispondere ad alcuni dei punti sopra…
Dall’altra parte però, non bisogna pensare di intraprendere una crociata contro le OTA, canali fondamentali per una corretta ed equilibrata distribuzione online, quanto piuttosto studiare una strategia che, valutando tutti i soggetti e strumenti coinvolti nella distribuzione, e soprattutto con numeri alla mano, spinga al massimo il revenue di ogni canale.