Uno studio commissionato da Google nel 2014 aveva fatto già suonare un campanello di allarme alle orecchie dei “marketers”: lo studio rilevava che il 55% dei teenager e il 41% degli adulti della società statunitense si affida più di una volta al giorno agli “assistenti vocali” (alias Siri per iOS, Google Now per Android, Cortana per Windows Phone & Co.) per svolgere le proprie ricerche online. È ovvio che le finalità di ricerca sono differenti: il 43% dei teenager utilizza lo strumento per avviare una telefonata, mentre gli adulti (40%) lo utilizzano soprattutto per chiedere indicazioni stradali. Lo studio riscontrava quindi già il trend crescente nell’utilizzo di questi strumenti, in aggiunta, e non come sostituti, ai tradizionali mezzi di ricerca tramite digitazione delle queries.
Un altro studio di fine 2015 ha indagato circa l’uso di assistenti vocali: alla domanda “quando hai iniziato ad utilizzare i comandi/le ricerche vocali?”, la percentuale più alta (il 60%) ha risposto “nei sei mesi precedenti” la ricerca. Sempre alla fine del 2015, a soli tre mesi dal lancio di Cortona (il nuovo assistente vocale della Microsoft), è stato rilevato che il 33% delle richieste sono di tipo vocale.
Durante l’ultima convention Google I/O 2016, ilCEO di Mountain View, Sundar Pichai ha dichiarato che il 20% di tutte le ricerche Android mobile (la cui quota di mercato oscilla tra il 70 e l’80%), effettuate con l’omonima applicazione “Search”, sono vocali. Se pensiamo che nel 2013 l’85% degli “iOS-users” aveva ammesso di non usare Siri, quello appena descritto rappresenta un cambiamento per nulla banale.
Il motivo di questo cambiamento è forse semplice: parlare è più semplice che scrivere.
Se la ricerca vocale prenderà sempre più piede, come si potrà ottimizzare la propria SEO? Tenuto conto che qualsiasi “voice search” sarà effettuata in linguaggio naturale, bisognerà pensare un modo differente per ottimizzare la propria presenza tra i risultati di ricerca, infatti, quando si effettua una ricerca digitando la query, si tende a sintetizzare il più possibile, utilizzando le classiche parole chiave per racchiudere in poche parole concetti anche complessi. Quando, invece, ci si rivolge ad un assistente vocale, la ricerca viene dettata, usando spesso un maggiore numero di parole. Questo può causare un’eccessiva frammentazione della ricerca: occorrerà incrementare il numero di long-tail keywords, ovvero chiavi di ricerca più lunghe e discorsive, che assumeranno le caratteristiche del linguaggio parlato e permetteranno una diversificazione di ricerca. Oltre al contenuto, la ricerca vocale darà sicuramente maggior peso al concetto di entità, che vede un’espressione concreta nell’utilizzo del Knowledge Graph di Google. Questa, infatti, viene intesa come una nuova modalità di catalogazione delle informazioni da parte dei motori di ricerca e fa riferimento al concetto di area semantica, poiché accorpa tutte le parole riconducibili a una stessa esigenza espressa dall’utente.
Qualche altro accorgimento per chi fa SEO? Potrebbe essere efficace una FAQ Strategy mirata: chi, cosa, come, quando, dove, perché, sono i principali incipit di qualsiasi domanda possa porre un utente. Perché, allora, non usare questa logica per fare in modo che le risposte portino l’utente direttamente al vostro sito web, o blog, o pagina social? La diffusione delle ricerche vocali porterà l’aumento delle ricerche che rispondono ai bisogni del momento. La stessa ricerca di Google, infatti, conferma che l’utente spesso svolge una ricerca vocale mentre sta svolgendo un’altra attività e per risolvere un problema relativa a quest’ultima.
In breve, si tratta di riuscire ad umanizzare i contenuti. Difficile, ma non impossibile.