Francesca Benati, direttore generale e amministratore delegato per l’Italia di Amadeus, società attiva nella distribuzione e nella fornitura di tecnologie a per l’industria globale dei viaggi e del turismo, ha lavorato anche per i maggiori brand come Expedia, Lastminute.com e Blu Holding. Ad oggi rimane una delle maggiori rappresentanti ed esperte di marketing turistico presenti nel settore.
R2: Il tuo curriculum è sorprendente. Subito dopo la laurea ti sei dedicata al marketing e al mondo della pubblicità. Leo Burnett è una delle principali aziende di comunicazione e branding del nostro Paese: cosa ti ha spinto ad affacciarti su questo settore e cosa hai tratto dall’esperienza di account manager in questa azienda? Per chi desidera diventare un big, qual è il percorso da seguire?
F.B.: La mia carriera è caratterizzata da molti cambiamenti, ma con un filo conduttore. Leo Burnett era advertising e marketing e questa esperienza mi ha aperto gli occhi, perché mi ha permesso di conoscere diverse realtà, grazie al suo ricco portfolio clienti (es. Coca Cola negli anni ’90 era l’apoteosi del marketing, con un enorme capacità di spesa e investimento). Ho imparato anche che per avere ruoli manageriali non bastano le competenze, ma ci vuole una maturità, anche anagrafica, per il People management e l’engagement. Il consiglio che posso dare è quello di imparare a muoversi all’interno dei contesti aziendali e soprattutto rimanere umili, curiosi, mettersi sempre in discussione, con la voglia di continuare a imparare. Oggi lavoro in Amadeus e ogni due mesi affianco i ragazzi, tecnici di prodotto, per conoscere le novità e aggiornarmi.
R2: Impossibile non pensare e parlare dell’esperienza di quasi tre anni in Expedia dove hai svolto la funzione di Marketing Director. Cosa puoi raccontarci di questa esperienza e dell’evoluzione di questo big player?
F.B.: E’ stata una delle esperienze più formative e difficili della mia vita, nonostante avessi ricoperto ruoli molto simili in multinazionali e nel mass market. Cambiando settore (turismo e servizi) scompaiono le logiche della distribuzione fisica, legate al magazzino, alle giacenze, al prodotto fisico. Mi sono trovata tra le mani un prodotto principalmente virtuale, con delle metriche completamente diverse. Il 2007 era l’alba dell’e-commerce e Expedia era una multinazionale che fatturava 400 milioni di euro, con la necessità di allineare il mercato italiano e creare sinergie a livello internazionale. Tutti gli sforzi di marketing in acquisizione e mantenimento del cliente erano mirati a convertire. Ricordiamoci che Expedia nasce il 10 settembre del 2001, un giorno prima della caduta delle torri gemelle, che hanno portato a 5 anni di buco nero nel settore viaggi. Il modello di business dell’epoca le garantiva un immediato cash flow, visto che il cliente pagava immediatamente la OLTA, che a sua volta pagava il fornitore solo dopo che il cliente soggiornava.
Non c’erano i meta-comparatori, tuttavia aumentavano i concorrenti velocemente, ma con il paradosso che non aumentavano in maniera proporzionale gli utenti. Expedia aveva capito che non bastava solo investire in e-commerce, ma occorreva rafforzare il brand; al mio arrivo mi sono quindi catapultata in una realtà che andava velocissimo e sono entrata nel mondo del digitale con Expedia, che era il TOP.
Negli anni successivi arrivò Booking.com, che ha generato una forte selezione nel settore, mettendo in crisi il sistema delle OLTA. L’arrivo di Booking ha eroso la parte in cui Expedia aveva più marginalità, ovvero quella degli hotel, mettendo in crisi il suo modello di business e l’ha costretta a un’ulteriore evoluzione.
Dopo Expedia, ho lavorato con Blu Holding, società capogruppo di un importante player del settore turistico italiano (Blu vacanze, Vivere viaggiare Cisalpina); qui ho approcciato il mondo del travel tradizionale: le logiche delle agenzie, della distribuzione tradizionale, degli allotment, dei pacchetti e dei tour operator. Infine ho iniziato con lastminute, una delle più grandi OLTA in Italia.
R2: Cosa consiglierebbe agli operatori turistici sul tema della DISINTERMEDIAZIONE?
F.B: Essere presenti sulle OLTA ha un prezzo, ma anche due vantaggi fondamentali:
- Favorisce l’incoming senza grandi sforzi
- Aiuta la destagionalizzazione
Ogni albergatore, in base alle caratteristiche del suo hotel e alla propria strategia di revenue management, dovrebbe valutare il canale migliore di vendita. È chiaro che il contesto digitale impone un adeguamento del proprio sito web, che non deve essere una vetrina, ma deve vendere, tuttavia le piccole strutture devono concentrarsi prima di tutto sulla relazione con il cliente: i piccoli players non avranno mai la stessa massa critica, il know-how e le risorse dei big players per poter veramente competere sulla transazione, possono però rafforzare la relazione con il cliente, curare la loro reputazione online e offline e la presenza sui social per generare engagement. In assenza di una vera e propria strategia di incoming, le OLTA continuano ad avere un ruolo fondamentale sulla reputazione della destinazione e dell’intera offerta italiana, attualmente molto frammentata, con circa 40.000 strutture alberghiere, di cui il 93% a conduzione familiare.
R2: Come ha sottolineato Dara Khosrowshahi (CEO di Expedia), il processo di prenotazione sta diventando sempre più complesso. Cosa pensi a riguardo? Quali possono essere gli sviluppi futuri dei canali di distribuzione in un mondo sempre più cross-device?
F.B.: Io credo nel concetto del cross-device e del multicanale. Dara Khosrowshahi, figura fondamentale nell’evoluzione del concetto della prenotazione alberghiera, ha fatto tra le tante, due cose molto interessanti, trasformando la prima pagina degli Hotels di Expedia in un Market Place (dove chi paga di più ha il miglior ranking) e dando la possibilità ad un utente che naviga su mobile di ritrovare la ricerca su un altro dispositivo. L’utente è cross-device e le piccole strutture possono sfruttare i social e le loro funzionalità, ad esempio in merito alla geo-localizzazione, per essere presenti laddove pensano di avere delle potenzialità di target. L’albergatore dovrebbe usare la tecnologia per capire chi sono i suoi clienti, cosa stanno cercando e cosa vogliono.
R2: Guardando alla sua carriera, è inevitabile il collegamento con il prototipo della Donna in carriera; come si conciliano lavoro e famiglia e quali suggerimenti può dare al comparto dell’hotellerie e alle donne che vi lavorano?
F.B.: Le fortune della mia vita sono Coca-cola, Expedia e Alessandra, la baby-sitter. Oltre al necessario supporto della famiglia, quello che mi aiuta è la passione per il mio lavoro. Con gli anni ho imparato a convogliare in modo propositivo questo tipo di energia, questo tipo di passione: devi amare quello che fai, altrimenti non ce la fai. È importante farsi rispettare, dimostrando sempre il proprio valore e le proprie competenze. Nel mondo del travel, io partecipo al board “Il club delle teste pensanti” fondato da un ex collega che ha riunito un centinaio di persone tra Milano e Roma, tra amministratori delegati e direttori commerciali. A Milano siamo soltanto due donne, io e la direttrice commerciale di Gattinoni. Purtroppo le quote rosa ad alti livelli sono bassissime. Mi piacerebbe, a riguardo, creare degli incontri di talenti per spingere la professionalità e la predisposizione nel settore dei viaggi per le donne. Non è paradossale che in un settore come quello dei viaggi, caratterizzato sempre più dal nuovo aplha trend (ovvero donne in carriera, con forte autostima, assertività, doti di leadership, che sempre più viaggiano sole e si godono il loro tempo libero), i posti al vertice siano ancora principalmente monopolio maschile?